Le tre pietà di Michelangelo - Museo dell’Opera del Duomo, sala della Tribuna di Michelangelo, Piazza del Duomo, 9 - Firenze
Mostra in corso dal 24 febbraio al 1 agosto 2022
Al Museo dell’Opera del Duomo per la prima volta un’esposizione mette a confronto la Pietà Bandini, di cui è da poco terminato
il restauro, e i calchi della Pietà Vaticana e della Pietà Rondanini provenienti dai Musei Vaticani.
Comunicato Stampa della mostra Le tre pietà di Michelangelo
In occasione dell’incontro “Mediterraneo frontiera di pace
2022”, che vedrà riunirsi i Vescovi e i Sindaci del Mediterraneo a Firenze e a cui interverrà
anche Papa Francesco, si aprirà al pubblico nel Museo dell’Opera del Duomo la mostra:
Le tre pietà di michelangelo. Non vi si pensa quanto sangue costa.
Per la prima volta un’esposizione mette a confronto, vicina l’una all’altra, nella sala della
Tribuna di Michelangelo del Museo, l’originale della Pietà Bandini, di cui è da poco terminato
il restauro, e i calchi della Pietà Vaticana e della Pietà Rondanini provenienti dai Musei Vaticani.
A cura dei direttori dei musei Barbara Jatta, Sergio Risaliti, Claudio Salsi, Timothy
Verdon, la mostra è un progetto che vede eccezionalmente coinvolti i Musei Vaticani, il
Museo dell’Opera del Duomo, il Museo Novecento di Firenze, il Castello Sforzesco di
Milano e le istituzioni dell’Opera di Santa Maria del Fiore, Comune di Firenze, Comune
di Milano e Fabbrica di San Pietro.
Collocate una vicina all’altra, le tre Pietà offriranno l’opportunità di studiare l’evoluzione
dell’arte di Michelangelo nonché la sua maturazione spirituale, dalla prima giovinezza -
quando a Roma scolpì per l’antica San Pietro l’opera ora nella navata laterale nord della
Basilica - alla sua ultima stagione, quando, ormai vecchio, mise mano alla Pietà oggi a
Firenze e poi alla Pietà Rondanini conservata a Milano.
Si tratta di un percorso lungo più di cinquant’anni, che conduce dall’ambizione del
giovane che scolpì il proprio nome sul petto della Madonna della versione vaticana,
all’immedesimazione personale dell’anziano artista, che in quella del Museo dell’Opera
raffigura se stesso nelle sembianze di Nicodemo. Vicino alla propria morte, Michelangelo
meditava profondamente sulla Passione di Cristo, come egli stesso fece capire in un coevo
disegno della Pietà, donato alla marchese di Pescara Vittoria Colonna, dove scrisse la frase
dantesca: “Non vi si pensa quanto sangue costa (Paradiso XXIX, 91). Risultato sublime di
questa meditazione spirituale fu l’esecuzione della Pietà Rondanini, la cui estrema bellezza
rifulge nel tramonto della figura.
Nel prossimo autunno i tre calchi in gesso delle Pietà originali saranno esposti a Milano nella
Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale in un nuovo allestimento appositamente progettato.
In occasione della mostra sarà pubblicato un catalogo realizzato da Silvana Editoriale con
saggi e schede dei curatori Barbara Jatta (direttore dei Musei Vaticani), Sergio Risaliti
(direttore del Museo Novecento Firenze), Claudio Salsi (direttore dell’Area Soprintendenza
Castello, Musei Archeologici e Musei Storici), Timothy Verdon (direttore del Museo
dell’Opera del Duomo a Firenze) e di altri studiosi.
La prima Pietà scolpita da Michelangelo
La prima Pietà di Michelangelo fu realizzata a ridosso del giubileo del 1500, quando il cardinale Jean
Bilhères de Lagraulas commissionò al giovane Buonarroti “una Vergine Maria vestita con Cristo morto,
nudo in braccio”. Il committente era a Roma dal 1491, come capo di una delegazione inviata da Carlo VIII
di Valois presso la corte papale per preparare la riconquista francese del regno di Napoli.
Il giovane scultore
fiorentino poteva dedicarsi al tema del dolore materno e soprattutto al mistero dell’Incarnazione che “tra
le opere di Dio è quella che più sorpassa la ragione”, come ricordava San Tommaso “poiché non si può
pensare nessun’opera divina più mirabile di questa, che il vero Dio, il Figlio di Dio, diventasse vero uomo”.
Con la Pietà Vaticana (1498-1499), l’artista impressionò il suo tempo: tale era la bellezza di quel Cristo nudo
sorretto amorevolmente dalla Vergine, una giovanissima ragazza umile e casta, avvolta in un profluvio di
panneggi per cui Maria è Madre e sposa. Quella giovinezza venne criticata dai più, parendo poco consona
alla Madonna. Come ci ricordano le fonti, Michelangelo si difese dalle critiche spiegando che la verginità e la
purezza mantengono giovani e belle le donne.
Il capolavoro venne collocato nella cappella di Santa Petronilla
poco prima del 1500, anno del giubileo. Successivamente la Pietà fu spostata in San Pietro, e nel XVIII secolo
fu esposta a destra della navata dove ancora oggi la si può ammirare. In questa Pietà Michelangelo è riuscito
a rappresentare la divinità di Gesù calandola nel corpo di un uomo di 33 anni. Cristo appena deposto dalla
croce pare dormire in seno alla giovane madre, raggiante nella sua bellezza, luminosa visione di grazie e
umiltà. La morte non oltraggerà quel mirabile uomo: il più bello tra gli esseri viventi. Nel corpo intatto, senza
segni di violenza subita, si legge già il risorto, colui che vince la morte.
La seconda Pietà scolpita
Molti anni dopo la Pietà Vaticana, Michelangelo tornò a scolpire lo stesso soggetto. Nel frattempo, Roma
era stata saccheggiata, La Repubblica di Firenze era crollata e i Medici erano rientrati in città. Michelangelo
ha lasciato Firenze nel 1534 e si è stabilito per sempre a Roma. Dopo la morte di Alessandro de’ Medici, ucciso
dal cugino Lorenzo, il duca Cosimo I comanda come un principe assoluto.
Nel 1547 muore Vittoria Colonna
alla quale l’artista era legato spiritualmente. Michelangelo è un artista ormai anziano sempre più concentrato
sul destino umano, sulla morte e resurrezione di Cristo, lavora in preda a frequenti crisi depressive. Vive
di contrasti, tra l’attrazione per la bellezza, il pungolo dei sensi e il desiderio di ascesi. Comincia a temere
la propria morte, il giudizio divino. Fa voto di povertà. Si aggrappa infine alla croce e mette al centro della
sua esistenza e della sua ispirazione Cristo, salvatore dell’umanità. L’esecuzione della Pietà Bandini è lunga e
difficile, la datazione controversa. Di sicuro il maestro cominciò a lavorare il blocco intorno al 1547. Tuttavia,
Michelangelo non portò a termine il lavoro, e la statua, prima di essere venduta nel 1561 a Francesco Bandini,
fu conclusa in alcune parti da Tiberio Calcagni, principale assistente del Buonarroti. La statua avrebbe dovuto
essere collocata in Santa Maria Maggiore a Roma, probabilmente per la sepoltura di Michelangelo. Vi si legge
infatti una profonda e intensa meditazione sulla Morte e la Redenzione, sul Sacrificio di Cristo e la Salvezza,
merce anche il transfert nella figura di Nicodemo.
Secondo Alessandro Parronchi il blocco prelevato da Serravezza e usato per la realizzazione del gruppo
era uno di quelli avanzati per la tomba di Giulio II. Quel marmo, come ricorda anche Vasari, era pieno di
impurità ed estremamente duro, tanto che al contatto con lo scalpello emetteva nugoli di scintille. Nel 1553
Vasari, in visita allo studio dell’artista, ebbe l’impressione che Michelangelo esitasse a mostrargliela non
terminata. Cercando di variare la posizione delle gambe di Cristo, lo scultore provocò la rottura di un arto.
Successivamente, intorno al 1555, prese a martellate la statua rompendola in più punti. Infatti, ancora oggi
si osservano segni di rottura sul gomito, sul petto, sulla spalla di Gesù e sulla mano di Maria. Alla morte
dell’artista nel 1564 si pensò di utilizzare il gruppo per la sepoltura di Michelangelo a Firenze in Santa Croce.
L’opera invece rimase nella villa dei Bandini a Montecavallo e solo nel 1674 venne acquistata da Cosimo III de’
Medici che la destinò ai sotterranei di San Lorenzo. Nel 1722 la Pietà fiorentina fu trasferita in Santa Maria del
Fiore. Dal 1981 si trova nel Museo dell’Opera del Duomo.
L’ultima Pietà, detta ‘Rondanini’
Il progetto risalirebbe agli anni tra il 1552 e il 1553. Secondo le fonti, Michelangelo vi lavorò fino
all’ultimo. Infatti, l’opera fu rinvenuta nello studio di Michelangelo dopo la sua morte. Nell’inventario redatto
in quei giorni la Pietà è descritta in questi termini: “Statua principiata per un Cristo et un’altra figura di sopra,
attaccate insieme, sbozzate e non finite”. Nel gruppo si alternano parti condotte a termine, riferibili alla prima
stesura, e parti non finite, legate ai ripensamenti della seconda versione. Acquista dai marchesi Rondanini nel
1744, la Pietà è arrivata a Milano dove si conserva nel Castello Sforzesco dal 1952.
Esito finale di un lungo percorso di arte e di fede la Pietà Rondanini è piuttosto una preghiera che
un’opera d’arte, o meglio è la dimostrazione artistica del fatto che l’uomo di fede ha visto oltre le apparenze
reali, che la mano non riesce a restituire quanto l’occhio interiore ha potuto contemplare. Siamo già in
un’esperienza di notte oscura. Al posto dei sogni, tante volte riferisce le sue aurorali invenzioni, qui ad
aprire la strada all’immaginazione dell’artista è la visione mistica del cristiano immerso in una riflessione
notturna sull’Unigenito, sulla passione morte e resurrezione di Cristo. Gesù e Maria sembrano esseri
fantasmatici, la pietra tende a farsi materia di luce. Cristo esausto sembra scivolare verso la tomba e con il
figlio anche la Madre, la cui umanità è come interamente assorbita dal sentimento di amore. Un unico destino
travolge miracolosamente madre e figlio in questa metamorfosi mistica, la stessa già provata al momento
dell’annunciazione. Ancora una volta Maria è talamo per il suo Signore. L’evidente inclinazione delle due
figure, a una visione laterale, pare suggerire una riflessione sulla Resurrezione e l’Assunzione. Se osserviamo
bene infatti i due corpi paiono distaccarsi dal suolo, e assieme raggiungere il Padre.
Orario d'apertura: tutti i giorni dalle 10.00 alle
20.00. Giovedì dalle 10.00 alle 23.00. Ingresso in mostra consentito fino
a un'ora prima dell'orario di chiusura.
Biglietti: intero € 13; ridotto € 10; € 4 ridotto scuole. Per i possessori del biglietto di ingresso al Museo Nazionale del Bargello e UAM Pass speciale ridotto € 9.
Telefono: +39.055.2645155
E-mail: info@palazzostrozzi.org
Sito Web: Museo dell’Opera del Duomo |